I Sehrbundt
Storia della famiglia dai Goti ai Prussiani
di Hans-Joachim Sehrbundt
1. Ai tempi delle migrazioni
Chiunque si accinga a tracciare una storia dettagliata della propria famiglia, presto o tardi si ritrova in una zona di confine, i cui contorni impallidiscono e quindi svaniscono.
Ciascun genealogista deve individuare da solo quella che considera la zona d'ombra. Quando i documenti a disposizione si fanno rari, e non quando sono già completamente assenti, è giunto il momento di fermarsi.
I documenti che ci interessano arrivano fino ai tempi delle grandi migrazioni: qui ha inizio la storia della nostra famiglia, ai tempi dell'invasione dell'Italia da parte dei Goti di Teodorico (451-526).
Dopo la conquista dell'Italia, questi assicurò i confini settentrionali mediante uomini di fiducia; in seguito, più a nord, offrì rifugio agli Alemanni.
Nelle Alpi, in corrispondenza di passi importanti e di strade di rilevanza strategica, sorsero basi d'appoggio e nuovi insediamenti, e vennero concessi feudi.
2. Bormio e i de Sermondi
A Bormio, per esempio, venne verosimilmente concesso un feudo comprendente i bagni termali agli antenati della famiglia Sermondi/Sermundi. I bagni di Bormio erano noti già a Plinio (29 -79) ed a Cassiodoro.
I dati storici relativi a questo periodo sono riportati da Chr. Gr. Brügger nell'opera "Die Thermen von Bormio", di Meyer-Ahrens e Brügger, Zurigo, Orell Füssli Verlag (1869).
Bormio si trovava in una posizione di rilevanza strategica, ed il feudo venne concesso sicuramente solo a uomini di provata fiducia.
Armoiries de la famille De Sermondi
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Fino al XVI secolo, le terme di Bormio e molti possedimenti terrieri appartennero alla famiglia de Sermondi. Una parte dei beni e dei possedimenti venne probabilmente confiscata durante la Riformazione. Nel 1859, il comune di Bormio li vendette alla società elvetica "La Bernina" .
Durante la Riformazione, nelle due guerre del 1525-1526 e 1531-1532, la Valtellina passò definitivamente agli elvetici.
I riformati elvetici, in qualità di conquistatori, resero la vita difficile agli abitanti cattolici della Valtellina e soprattutto al clero. Gli abitanti venivano molestati e discriminati in tutti i modi, l'amministrazione era corrotta. Non esisteva alcuna diretta autorità dello Stato che potesse porre fine a questa situazione: l'autorità era decentralizzata e debole, e si affidava a milizie estranee.
Il clero e la nobiltà della Valtellina, che possedeva la maggior parte dei terreni, guardavano con diffidenza e ostilità ai nuovi padroni, e cercavano di istigare alla rivolta i piccoli proprietari terrieri ed i gestori, particolarmente sfruttati e spesso espropriati.
I Sermondi appartenevano alla nobiltà. Nel necrologio dei Cappuccini di Milano, Padre Francesco da Bormio viene nominato espressamente tra i Padri appartenenti a nobile famiglia. Padre Francesco si faceva anche chiamare "Sermondi dei bagni".
La famiglia Sermondi è citata a Bormio già nel 1315; la sua origine è da cercarsi nella vicina Sondalo.
Circa nel 1530 una parte dei possedimenti dei Sermondi venne espropriata; fino a quel momento, però, si trovavano per secoli in mano alla famiglia. Questo spiega anche perché i bagni passarono così presto al comune di Bormio.
Antonio de Sermondi, padre di Francesco, era ancora un uomo ricco. Verosimilmente era in possesso di parte dei terreni, secondo alcuni era oste, forse era possidente ed oste allo stesso tempo: Bormio era infatti una importante stazione di passaggio sulla strada per il nord.
Le osterie del tempo offrivano alloggio a viaggiatori con cortei al seguito, costituiti da accompagnatori, braccianti, carri e cavalli. Comprendevano diversi edifici, adibiti ad alloggio, macelleria, birreria, stalle e magazzini, e si estendevano su una vasta area. Oggigiorno si potrebbero paragonare a quei mostruosi complessi alberghieri che il turista ideale non deve abbandonare per tutta la durata del suo soggiorno.
(N. Ohler, Reisen im Mittelalter, Artemis & Winkler, 2002)
Antonio de Sermondi fece battezzare anche il figlio con il nome Antonio. La data di nascita e la data del battesimo purtroppo non ci sono note. L'anno in questione probabilmente è circa il 1515. In base ai documenti, alla nascita del figlio il padre era già in età matura, e forse è nato tra il 1470 ed il 1480.
Altri dati e svariate indicazioni bibliografiche si trovano in: M. Künzle, P. Franz von Bormio, Verlag Benzinger & Co., Einsiedeln, 1940. Anche l'Archivio provinciale dei Cappuccini di Losanna conserva diversi documenti.
In particolare deve essere ricordata la grande fede di Padre Francesco. In un'epoca caratterizzata da tanti tumulti, Padre Francesco rappresentava un punto fermo per i suoi confratelli e per tutti gli uomini del suo tempo: predicava l'austerità e la retta fede al clero che, particolarmente in Valtellina, conduceva una vita spensierata, ed era un fedele seguace del suo amico Borromeo, Cardinale e Vescovo in Milano.
La dissolutezza dei costumi del tempo era tale, che il Vescovo e Nunzio Bonhomini scriveva al Cardinale Maffeo che "un lupo lo spaventava meno di questi preti".
Il 14 luglio 1578 Padre Francesco accompagnò il Nunzio e gli fu un consulente onesto ed affidabile.
Padre Francesco si spense nel 1583 in fama di santità.
Ulteriori dettagli si trovano alla pagina: H.-J. Sehrbundt, Antonio de Sermondi, Padre Francesco da Bormio.
Camenisch cita un Padre Gabriele Sermundus di Tresivio (Valtellina), anch'egli fedele alla sua chiesa ai tempi della Riformazione. Gabriele Sermundus venne visitato dal Vescovo Ninguarda. Anche Padre Francesco funse da Visitatore.
Tresivio si trova a solo pochi chilometri da Bormio, e con tutta probabilità Gabriele Sermundus era un parente dei Sermondi.
E. Camenisch, Geschichte der Reformation und Gegenreformation, Bischofberger & Co, Chur, 1950.
Durante la Riformazione le valli della Svizzera e la Valtellina si riempirono di fuggiaschi riformati provenienti dall'Italia settentrionale; alcuni vi si stabilirono, a tutto svantaggio della popolazione cattolica locale, altri proseguirono verso nord. Vi si rifugiarono anche alcuni anabattisti perseguitati, provenienti tra l'altro anche da Zurigo. Tra i de Sermondi vi fu almeno un anabattista, come dimostrato da recenti ricerche. Costui in seguito si rifugiò tra gli Hutterer nella regione Mähren (comunicazione personale dei Mennoniti, 2002).
Questi fuggiaschi sradicati, appartenenti a diverse correnti della Riforma, cercarono di esercitare la loro attività missionaria nelle regioni in cui si erano stabiliti. Vecchie tradizioni vennero cancellate. Per i cattolici le condizioni di vita erano diventate talmente insopportabili, che una parte emigrò. (C. Bonorand, Reformatorische Migration aus Italien in die drei Bünde, Beiheft, Verlag Bündener Monatsblatt, Chur, 2000)
Con il Capitolato di Milano del 1639 i Milanesi ottennero diritti di controllo sulla Valtellina, e la pressione sulla popolazione della valle si ridusse. Nonostante ciò, la regione non trovò pace. Alla Riforma seguì la Controriforma, gli omicidi erano all'ordine del giorno, i roghi ardevano.
Un esempio ci viene fornito dal massacro della Valtellina, in seguito al quale la Valtellina e Bormio si separarono dai Grigioni ed instaurarono un proprio governo. Diversi tentativi di riconquista fallirono, ed i Riformati fuggirono numerosi in Svizzera.
La popolazione locale soffriva per la fame e la pestilenza, case e sementi venivano distrutte, gli animali domestici massacrati, i mercenari saccheggiavano ovunque.
L'inverno 1622/23 passò alla storia come "inverno della fame", la desolazione era indescrivibile. La gente moriva in massa, e la peste infuriava tra gli invasori. (F. Pieth, Bündener Geschichte, Verlag F. Schuler, Chur, 1945)
In queste circostanze, non stupisce che una parte della grande famiglia dei Sermondi emigrasse.
Il fonditore di campane Franz Sermond di Berna era un noto rappresentante della famiglia e probabilmente apparteneva ai Riformati. Visse all'incirca nello stesso periodo del suo illustre parente Padre Francesco. Altri insigni appartenenti alla famiglia de Sermondi sono descritti da M. Künzle.
In questo contesto vanno citati i registri ecclesiastici di Berna (Tauf- und Eherodel, Teil 2, 1579), in cui Sermond / Sermund in parte è scritto con dt. Nei registri ecclesiastici di Ober-Olm troviamo varianti del nome Serbond, in parte con d oppure t, ma mai con dt. In un documento ufficiale di Darmstadt (Renovation, Staatsarchiv Darmstadt, 1736) il sottosindaco Serbondt è scritto con dt.
Nel registro ecclesiastico militare, Johann Peter Serbond è chiamato Sehrbundt in occasione del suo matrimonio a Quedlinburg nell'anno 1737 (GeheimesSstaatsarchiv, Berlin).In parte, il dt si perde nuovamente a favore di una d o di una t, fino a ricomparire definitivamente intorno al 1900, per errore di un impiegato dell'anagrafe: Kurt Sehrbundt viene registrato con dt, mentre fino ad allora il nome si scriveva Sehrbunt. Esiste ancora una tazza riportante il nome Curt Sehrbunt, donata da una zia ignara dell'opera dell'impiegato.
In un elenco degli abitanti di Quedlinburg del 1835, Sehrbundt è scritto per tre volte di seguito Seerbund. Anche qui è in gioco la creatività dello scrivente.
Le condizioni sfavorevoli riportate innanzi furono certamente la causa dell'emigrazione di alcuni membri della cattolica famiglia dei Sermondi, che alla fine raggiunsero Ober-Olm (Kurmainz).
La diocesi di Chur era soggetta dall'887 all'arcidiocesi Mainz (Magonza), nella Franconia orientale. Tale stato durò 700 anni, a Chur era normale trovare vescovi tedeschi, i decreti venivano da Mainz. (P.C. Hartmann, Kurmainz, Das Reichskanzleramt und das Reich, Franz Steiner Verlag Stuttgart, 1998, Geschichtliche Landeskunde, Band 47).
Grazie ad una lettera di presentazione del Vescovo di Chur, una parte dei Sermund / Sermond potrebbe essere giunta nel Kurmainz e ad Ober-Olm.
Padre Francesco (Antonio de Sermondi), illustre Provinciale dei Cappuccini, Definitore generale e fondatore della Provincia dei Cappuccini in Svizzera, come descritto altrove era infatti non solo noto, ma anche influente, e in questa circostanza potrebbe avere dato un aiuto determinante ai suoi parenti.
3. Kurmainz ed Ober Olm
Anton Serbond compare improvvisamente nei registri ecclesiastici di Ober-Olm; la sua famiglia in poco tempo si arricchisce e gestisce diversi terreni di appartenenza della Chiesa. Uno dei figli di Anton, Christian, diventa sottosindaco.
Da notare che il nome Anton o Antonius era estremamente raro nella regione di Ober-Olm (E.Rettinger, Die Umgebung der Stadt Mainz und ihre Bevölkerung vom 17. bis 19. Jahrhundert, Franz Steiner Verlag, Stuttgart, Geschichtliche Landeskunde, Band 53, 2002).
Le ricerche di Rettinger dimostrano anche che, a quei tempi, nella regione di Ober-Olm si erano insediati emigranti provenienti dalla Valtellina e dai Grigioni. A Essenheim, distante 4 km da Ober-Olm, esistevano emigrati provenienti da Bünden e dalla Svizzera (comunicazione scritta Mossel, Essenheim). Dai nostri dati risulta che Josef Sermont, eventualmente parente dei Serbond, citato nei registri ecclesiastici come "muratore italiano", risiedette per breve tempo ad Ober-Olm.
Nella famiglia Sermondi il nome proprio Anton(ius) era relativamente frequente. Ciò può essere messo in relazione con la permanenza di Sant'Antonio, intorno al 470, a Bormio, dove accolse le preghiere dei fedeli durante una pestilenza degli animali.
Tramandando il nome Anton, la famiglia si affidava anche ad Ober-Olm alla protezione dello stesso santo.
Dopo la guerra dei trent'anni, anche la regione Kurmainz aveva perso la sua tranquillità (Pfarrer Johannes May, Chronik der Gemeinde Ober-Olm, Mainz, 1907). Diversi documenti riportano la distruzione delle abitazioni dei Serbond da parte di truppe di passaggio.
Come prima in Valtellina, dove appoggiavano i cattolici, truppe spagnole attraversavano ora la regione di Ober-Olm. In seguito alla guerra di successione spagnola, una parte dei Serbond potrebbe essersi spostata nei Paesi Bassi: a Zaltbommel, infatti, compare improvvisamente in questo periodo una numerosa famiglia Sermond o van Sermond (il collegamento con i Serbond di Ober-Olm peraltro è solo un'ipotesi che stiamo cercando di dimostrare).
Il moschettiere Johann Peter Sehrbundt (scritto con dt nel 1737), riportato come Serbond nei registri ecclesiastici di Ober-Olm, compare più tardi nel 21. Reggimento di Infanteria a Quedlinburg. Tale reggimento reclutava soldati anche tra i reduci della guerra di successione spagnola.
Johann Peter potrebbe essere stato reclutato dai Prussiani attraverso contatti nei Paesi Bassi oppure direttamente nella vicina Francoforte, dove esisteva una sorta di agenzia di reclutamento. Perché Johann Peter si sia messo ai servizi dei Prussiani, è ancora oggetto di ricerche.
Come ad Ober-Olm improvvisamente comparvero, così i Serbond scomparvero.
La linea di Ober-Olm può essersi estinta, oppure potrebbero essersi trasferiti in America o da parenti nei Paesi Bassi o ad Hannover, dove si trovano diversi cognomi simili.
4. Nuovo inizio a Quedlinburg:
Il moschettiere Johann-Peter Sehrbundt
Nei registri ecclesiastici di Ober-Olm sono riportate due diverse date di nascita di Johann Peter Serbond / Sehrbundt: il 1715 ed il 1719. Supponiamo che non si tratti di due fratelli aventi lo stesso nome, ma di un errore nel riportare la data, cosa frequente a quei tempi.
Il giovane Johann Peter venne presto confrontato con gli avvenimenti bellici nella sua patria e potrebbe averne ricavato l'impressione che solo i soldati potessero dettare legge. Per ragioni ancora sconosciute, lasciò l'agiata casa paterna (il padre, sottosindaco di Ober-Olm, era ricco e ben visto) e si arruolò nell'esercito prussiano.
La sede di arruolamento più vicina si trovava a Francoforte. È noto che i prussiani si servivano di metodi perlomeno dubbi per arruolare nuovi soldati, ed è possibile che Johann Peter fosse una delle tante loro "vittime".
Il giovane e avventuroso Johann Peter potrebbe essersi diretto anche nei Paesi Bassi ed essersi qui imbattuto in una delle sedi di reclutamento. Oppure, come tanti giovani, potrebbe aver lasciato la famiglia per qualche misfatto compiuto, al fine di evitarne le conseguenze.
Nel 1737, nei registri ecclesiastici militari di Quedlinburg è riportato il matrimonio di Johann Peter con Anna Margarethe Ritter, figlia di un mastro calzolaio appartenente ad un'antica famiglia locale.
In precedenza era diventato moschettiere nella scuola di Berlino o Halberstadt (sede del 21. reggimento di infanteria). L'addestramento era duro, e le reclute venivano "educate" per mezzo delle bastonate dei sottoufficiali, come risulta da resoconti del tempo.
Johann Peter venne assegnato al 2. Battaglione del 21. Reggimento di Infanteria, avente sede a Quedlinburg. Se ne deduce che non era né piccolo né magro, altrimenti sarebbe stato assegnato ad un altro reggimento (i piccoli di statura ed i portatori di difetti fisici erano riuniti in reggimenti distinti).
A quei tempi, ai soldati semplici era consentito esercitare un mestiere per 9 mesi all'anno e guadagnarsi così da vivere; nei 3 mesi estivi erano a disposizione dell'esercito. Nei 9 mesi di vita lavorativa dovevano indossare almeno un indumento militare, per evitare che disertassero: con gli indumenti militari potevano infatti essere facilmente riconosciuti. In questi mesi, il soldo veniva intascato dal capo della compagnia, mentre al soldato semplice non restava niente; i soldati e gli ufficiali di grado inferiore al capitano erano veramente dei "poveri diavoli".
Stupisce il fatto che Johann Peter non avanzasse di grado. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, a partire dal grado di sottoufficiale, i soldati, mal pagati, dovevano rimanere per tutto l'anno nell'esercito. Non esistevano neanche le ferie: solo in caso di morte dei genitori, e solo su concessione del re, potevano lasciare la truppa per alcuni giorni. In queste condizioni, avere una famiglia era impossibile.
Johann Peter sposò una donna appartenente ad una famiglia borghese di artigiani, le cui radici sono documentate a Quedlinburg fino al XIV secolo. Per quei tempi si tratta di un evento fuori dal comune, dal momento che i soldati non erano particolarmente ben visti dalla borghesia. Supponiamo che non si trattasse di un matrimonio forzato, perché solo nel 1740 venne battezzato un figlio nella chiesa Nikolaikirche. Probabilmente Johann Peter lavorava nella bottega dello suocero, situata, insieme alle botteghe degli altri calzolai, nella via chiamata Schuhhof, in prossimità del municipio di Quedlinburg; la sede della corporazione dei calzolai si è mantenuta intatta fino ad oggi. Anche Christian, figlio di Johann Peter, compare più tardi come calzolaio, dopo aver imparato l'arte dal padre o dal nonno.
Il fatto che Johann Peter si sia sposato molto giovane poteva solo far piacere ai suoi superiori dell'esercito, dal momento che i padri di famiglia disertavano più raramente; a quei tempi, la disertazione era infatti un problema non secondario sia per l'esercito prussiano che per altri eserciti.
Il citato battesimo di un figlio di Johann Peter nel 1740 ebbe luogo a dicembre, nel corso di una tremendo straripamento del fiume Bode. L'autore di queste pagine ha potuto visitare nel 2001 l'imponente Nikolaikirche in fase di restauro; in una nicchia laterale è ancora conservato il fonte battesimale del tempo, dove generazioni di Sehrbundt sono stati battezzati. In memoria delle generazioni passate e dei loro legami con la Nikolaikirche, l'autore ha finanziato il restauro di una delle colonne di ingresso alla chiesa.
Poco dopo il battesimo del figlio, Johann Peter partecipò alla I guerra di Slesia. Altrove, l'autore descrive le battaglie combattute da Johann Peter in questa guerra, nella II guerra di Slesia e nella guerra dei 7 anni.
In seguito nacquero e vennero battezzate nella Nikolaikirche 3 bambine; nel 1756 Johann Peter divenne cittadino di Quedlinburg. Nel documento relativo, per la prima volta è riportata la sua origine:"Kurmainz, Ober-Ulm" (come si chiamava allora Ober-Olm).
Nel 1763 la moglie di Johann Peter e due figlie ancora adolescenti morirono per una malattia esantematica; se era ancora vivo, per Johann Peter questa fu sicuramente una grave perdita. Noi pensiamo peraltro che sia caduto nel corso della battaglia di Maxen intorno al 20.11.1759, quando il 21. Reggimento di Infanteria venne decimato, oppure che sia stato catturato dagli austriaci e morto in prigionia, come migliaia di soldati prussiani.
Finora, tutte le ricerche sul suo destino si sono rilevate infruttuose. Se riuscì a sopravvivere, potrebbe anche aver lasciato Quedlinburg ed essersi eventualmente risposato.
I discendenti di Johann Peter risiedevano a Quedlinburg ed erano calzolai, tessitori e più tardi giardinieri. Il più illustre è certamente Karl Friedrich Sehrbundt, che divenne ispettore (corrispondente alla carica di direttore) della ditta di sementi Dippe, nota in tutto il mondo. La ditta Dippe a quei tempi era una grande azienda, i suoi imponenti edifici sono tuttora conservati. Rappresentava il produttore di sementi più moderno e grande del mondo, ed i suoi dipendenti lavoravano in condizioni esemplari dal punto di vista sociale.
(G. Röbbelen, Biographisches Lexikon zur Geschichte der Pflanzenzüchtung, 2. Folge, Liddy Halm Druck, Göttingen 2002). Il nostro antenato vi lavorò ininterrottamente per ben 63 anni, come descritto in modo dettagliato altrove.
Negli elenchi di Quedlinburg, l'ultima della nostra famiglia è Elise Sehrbundt, riportata negli anni 1950/1951. La sua casa esiste ancora.
Concludiamo qui la storia della famiglia relativa a Quedlinburg, ricordando che a Karl Friedrich probabilmente dobbiamo lo stemma della famiglia confezionato dal vetraio Müller: lo si può dedurre dal timbro riportato sul documento.
Da ricordare è anche l'austera bellezza della Nikolaikirche, circondata da case e da un cimitero, quasi identica ad allora, quando da uno dei pochi vicoli laterali fuoriusciva il corteo dei Sehrbundt in occasione di un battesimo, matrimonio o funerale.
I Sehrbundt di Quedlinburg sono estinti, come quelli di Bormio e di Ober-Olm, le loro tombe non esistono più, ma la loro memoria rimane viva nei loro discendenti.
5. Considerazioni finali
Come già descritto, frammenti del nome Sehrbundt compaiono in diverse varianti in regioni attraversate dai Goti nelle loro migrazioni. Questo tipo di migrazione di popoli era caratterizzato da spostamenti senza meta definita, interrotti da fermate prolungate durante le quali sorgevano nuovi insediamenti. (M. Todd, Die Zeit der Völkerwanderung, Theiss Verlag, Stuttgart 2002).
Nel corso delle migrazioni, si formavano gruppi anche compositi, che poi si scioglievano per ricostituirsi nuovamente in altra forma. Non si può perciò parlare del "popolo" dei Goti, in quanto diversi ceppi si riunivano temporaneamente, restavano insieme nel viaggio per un certo periodo di tempo e poi si separavano.
La necessità e la capacità di integrazione e convivenza dovevano essere sicuramente superiori alle nostre, anche l'odio per vecchi rivali non durava tanto da impedire in seguito un'azione comune contro un nuovo nemico.
I collegamenti tra Goti ed Unni sono noti solo in parte, ma si suppone che siano stati anche intensi e che abbiano avuto discendenti comuni. Ciò vale anche per gli altri popoli con cui vennero in contatto. (H. Schreiber, Auf den Spuren der Goten, List Verlag 1977; A. Krause, Die Geschichte der Germanen, Campus Verlag, 2002).
Negli anni 1434 - 1436 Raimond de Sebond scrisse l'opera "Liber creatuarum sive de homine", nota a tutti gli uomini colti dell'epoca. Michel de Montaigne la tradusse in francese nel 1569. Papa Pio IV aveva censurato tutta l'opera nel 1557, in seguito limitò la censura ad alcuni capitoli. (Montaigne, Apologie de Raimond Sebond, Gallimard, 1962).
Non è noto se gli antenati di Sebond fossero giunti in Spagna con i Goti. Colpisce peraltro la somiglianza del nome e la vicinanza della città natale Barcellona con le regioni di passaggio dei Goti. Raymond de Sebond morì a Toulouse il 24.4.1436. Il suo nome è riportato nelle varianti più diverse: Sebonde, Sabonde, Sabunde, Sebeyde, Sabiende, Sibinde, Sibiuda, Sevene.
in questa sede va ricordato anche il canto di Walthari, fuggito dalla corte degli Unni per tornare in Aquitania, la sua patria; durante la fuga venne trattenuto dai Franchi, dovette combattere con Scaramund e lo uccise. Scaramund è citato nello stemma della famiglia Sehrbundt. Il canto di Walthari venne composto intorno al 930 nel monastero di St. Gallen, in Svizzera, dal giovane monaco Eckart I. La saga di Walthari si ricollega a quella dei Nibelunghi ed ai primi canti eroici germanici. (H. Althof, Das Waltharilied, Dieterich'sche Verlagsbuchhandlung, Leipzig 1902).
Un altro nome a noi famigliare, Saemund, compare nel canto epico Edda. Brügger collega questo nome direttamente ai de Sermondi, mentre Oehl nell'opera di M. Künzle esclude qualsiasi tipo di collegamento. La somiglianza dei nomi però è innegabile; e non si può escludere che l'evoluzione della lingua, e quindi anche dei nomi propri, in circa mille anni ed in diversi Paesi sia stata ben diversa da quanto ritengono i linguisti moderni.
B. e P. Sawyer citano Saemund (1056 - 1133) ed il suo canto del tardo XII secolo sui regnanti norvegesi.
Un Saemundt (qui con dt), chiamato anche il Saggio, descrisse in lingua norvegese la storia dell'Islanda fino al 1120 (B. e P. Sawyer, Die Welt der Wikinger, Siedler Verlag, 2002).
Tutto ciò può essere una coincidenza, come spesso succede nelle ricerche genealogiche, ma potrebbe anche essere d'aiuto per ricerche future.
Molti dati qui riportati sono documentati, altri sono ipotetici ed in attesa di conferma; le ricerche genealogiche si fondano su dati sicuri, ma necessitano anche di fantasia ed ingegno.
I nostri antenati rivivono e prendono forma grazie alle nostre indagini.
Resta ancora parecchio lavoro in futuro, e la digitalizzazione ci permetterà di trovare i dati di rilievo ancora più rapidamente.
Un giorno, forse, potranno essere riuniti tutti i dati genealogici in un'unica immensa banca dati mondiale, che ci permetterà di riconoscere immediatamente le connessioni e le parentele. Anche i progressi della biologia molecolare e la loro applicazione nel campo genealogico saranno un grande passo avanti.
Tutto ciò non potrà però mai sostituire l'appassionata e paziente ricerca da parte del singolo genealogista.
Uno dei compiti fondamentali dei genealogisti è trasmettere la passione per questo campo alle generazioni future, perché senza ricercatori motivati, la genealogia cesserebbe di esistere.
Anche in questa attività si ritrova la santificazione del lavoro, mostrataci dal santo Escriva, fondatore dell'Opus Dei. Ci ritroviamo così in buona compagnia con il nostro antenato, Provinciale dei Cappuccini e Definitore generale, Padre Francesco da Bormio.
Letteratura
Una parte della bibliografia è citata nel testo.
A. Frigg, Bündener Kirchengeschichte, 3. Teil, Gegenreformation. Herausgeber: Ev. Kirchenrat Graubünden
K. H. Spiess, Nieder-Olm, Verlag d. Rheinhess. Druckwerkstätte, Alzey, 1983
G. Dorn e J. Engelmann, Die Schlachten Friedrichs des Großen, Bechtermünz Verlag
H. Lorenz, Quedlinburger Gechichte, 1. Band, 1922
S. Kleemann, Quedlinburger Geschichte, 2. Band, 1922
H. Lorenz, Quellen zur Städt. Verwaltungs-, Rechts- und Wirtschaftsgeschichte von Quedlinburg, Otto Hendel Verlag, 1916
H. Lademacher, Die Niederlande, Propyläen Verlag Berlin, 1993
J. W. von Archenholtz, Geschichte des Siebenjährigen Krieges in Deutschland, Biblio Verlag, Osnabrück, 1982
M. Künzle, Die Schweizer Kapuzinerprovinz, Benzinger & Co., Einsiedeln, 1928
E. E. Ploss, Waltharius, Georg Olms Verlagsbuchhandlung, 1969
Sulla Prussia:
G. Krohn, Bibliographie der altpresussischen Truppen- und Garnisonsgeschichten, Biblio Verlag Osnabrück, 1974.
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